Una piccola molecola sintetica sembra in grado di migliorare le funzioni motorie, contrastare la perdita dei motoneuroni e ridurre l’infiammazione nel midollo spinale. In altre parole, di rallentare la progressione della SMA, l’atrofia muscolare spinale. La cautela è d’obbligo perché questi risultati, sebbene incoraggianti, sono stati ottenuti per ora solo nei topi. I dati sono pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences da un gruppo dell’Università di Torino, secondo i quali MR-409 (questo il nome della piccola molecola sintetica) potrebbe rappresentare un potenziale farmaco, in associazione ad altre terapie. La ricerca è stata condotta dalla Divisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’ateneo torinese e dal Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO). Co-autore è anche l’endocrinologo statunitense Andrew Schally, Premio Nobel per la Medicina nel 1977 per le sue scoperte sul funzionamento degli ormoni proteici dell’encefalo, e nel cui laboratorio di Miami MR-409 viene sintetizzata.
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La Sma
All’origine di questa malattia neuromuscolare rara dell’infanzia – che ha un’incidenza di circa 1 su 10.000 nati vivi e si manifesta in diverse forme (SMA di tipo 1, 2 e 3) – c’è la perdita dei motoneuroni, ovvero le cellule nervose che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. Ciò provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, soprattutto degli arti inferiori e dei muscoli respiratori: sintomi causati da mutazioni ai danni del gene SMN1 che compromettono il corretto funzionamento della proteina SMN (Survival Motor Neuron), fondamentale per la sopravvivenza dei motoneuroni. Fino a poco tempo fa, il trattamento era esclusivamente sintomatico e finalizzato a migliorare la qualità di vita dei pazienti. Oggi, invece, esistono farmaci in grado di aumentare la produzione della proteina funzionante e di migliorare la sopravvivenza dei pazienti, ma non rappresentano una cura definitiva.
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Gli effetti di MR-409
Dunque, perché MR-409 sarebbe così promettente? Perché è una delle molecole analoghe del GHRH (growth hormone-releasing hormone), cioè del neurormone che stimola il rilascio dell’ormone della crescita ed è in grado di svolgere un’azione protettiva sulle cellule muscolari. Una caratteristica, questa, che ha spinto i ricercatori torinesi – che insieme al Nobel Schally avevano dimostrato già in precedenza gli effetti protettivi degli analoghi del GHRH a livello cardiaco e muscolare – a testarla anche in un modello sperimentale di SMA. E in effetti, la sua somministrazione si è rivelata capace di incidere in modo positivo sui sintomi legati alla carenza della proteina SMN, migliorando le funzioni motorie, riducendo l’atrofia muscolare e favorendo la maturazione delle giunzioni neuromuscolari, riportano gli autori. Ma bisognerà aspettare ancora del tempo prima che questa classe di molecole – note come agoniste di GHRH – possa essere disponibile per uso umano: attualmente sono in corso ulteriori studi per ottenere l’autorizzazione di queste sostanze per uso clinico.
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